La Chiesa di Sant’Eustachio sorge alle pendici orientali del Monte Monna o Cerreta, a 450 metri sul livello del mare. La sua architettura, con l’alta torre campanaria, segna l’estrema propaggine del territorio un tempo denominato Vinealis – oggi Vignale – frazione del Comune di San Cipriano Picentino. La Chiesa, di cui si hanno notizie sin dal 1309 si presenta ad impianto basilicale, divisa in tre navate da due filari di pilastri di roccia arenaria scolpita (riportati alla luce durante l’ultimo e recente restauro conclusosi nel 2009). Sul lato sinistro della facciata, inglobato nella muratura angolare, si erge il campanile diviso in quattro da marcapiani tondeggianti, terminante con un tamburo archivoltato, oggi cuspidato, ma anticamente chiuso come cella campanaria da una calotta semisferica. Correva l’anno 1049 quando il Principe di Salerno Guaimaro IV, per mano del notar Romualdo, divideva parte dei possedimenti appartenenti alla sua dinastia. In alto, verso nord i documenti descrivono, quale terra di confine, un piccolo pezzo di “terra arbustata“ a “Sant’Eustachio”, tenuto da Sparano Maczatrulla (Codex Diplomaticus Cavensis). Questa circostanza porterebbe a pensare all’esistenza di un luogo sacro anteriormente il XIV secolo. Risale al 1703, invece, la “Platea” della Chiesa nella quale, oltre ad essere annotati tutti i beni e le rendite di cui essa godeva, viene descritto il complesso architettonico così come pervenuto dopo la massiccia ricostruzione nella seconda metà del XVI secolo. In questa occasione la chiesa fu dotata di numerosi altari gentilizi appartenenti alle maggiori famiglie nobili del posto, gli Alfano, i Leone, i Candido, ecc…, che provvidero a decorarli con affreschi e pale d’altare oggi purtroppo in buona parte perdute. Tra il 1814 ed il 1823 la chiesa subì un ulteriore e più aggressivo rifacimento (probabilmente frutto delle precarie condizioni statiche attestate nelle fonti dell’epoca) che cancellò completamente gli antichi altari e tutti gli affreschi, per lasciare il posto ad una decorazione “in stile” , caratterizzata da sobrie riquadrature, lesene e paraste sormontate da capitelli corinzi .
Nel corso dei recenti restauri (1998 -2010) demolendo le pesanti superfetazioni e smontando gli altari, è stato riportato alla luce il ciclo pittorico cinquecentesco, anche se restituitoci in stato frammentario e lacunoso. Si tratta di preziosi lacerti di pittura tardo rinascimentale, distribuiti lungo le navate minori (a destra ed a sinistra), all’altezza degli altari gentilizi, tra cui sono ben riconoscibili il dipinto della Madonna con il Bambino tra Santi nella Cappella degli Alfani (navata destra, II° altare) e quelli appartenuti all’antica Confraternita di San Berardino (navata destra, ultimo altare, parete nord e sud) – foto 2-3-4 -. La presenza di questi documenti pittorici, fa di questa Chiesa uno dei luoghi più interessanti di storia rinascimentale picentina. Risale a XII secolo, invece, il fonte battesimale composto da una vasca lapidea a forma ovale poggiante su di una colonnina dal colore del porfido. Nel XVIII secolo in questa chiesa avevano sede numerose confraternite, oggi estinte. Tra gli altari antichi avevano particolare importanza e venerazione quello dedicato a Maria SS.ma di Montevergine, (navata sinistra, III° altare) e quello dedicato alla Madonna del Rosario (navata sinistra, parete di fondo).